Inizio. Insieme. Fine.
Tre atti letterari per raccontare l’Amore.
Tre atti letterari per dire che: l’Amore è desiderio. Tre atti letterari per dire dell’Amore; che è voglia di essere accanto alla persona amata. Che è tumulto del cuore. Che è smania di avere e desiderio di dare. Che è esaltazione invincibile e timore inevitabile.
“Storia d’Amore – Una fantasia”
È la raccolta di poesie che Bruno Mohorovich dedica a questo sentimento. Tanto meraviglioso, quanto complesso. Tanto speciale, quanto struggente. Tanto rassicurante, quanto angosciante.
“Nel sottotitolo si legge ‘Una fantasia’”, sono le parole di Guido Buffoni nella prefazione. “Non è dato quindi al lettore la certezza che tutto quello che evocano le sue parole sia scaturito dalla realtà, ma non importa. Non è necessario approfondire se ciò sia veramente accaduto”.
Ad impreziosire i versi, sei opere di Stefano Chiacchella.
Attraverso le sue tavole l’Artista – autore anche dell’immagine di copertina; “Universi paralleli” (collezione privata di Guido Buffoni) – è stato in grado di rappresentare graficamente i tre atti della storia d’amore.
Le tredici liriche della prima parte inneggiano ai momenti del corteggiamento. Quelli in cui tutto nasce, prende corpo e si anima.
Non ci sono titoli, ma non se ne avverte l’assenza.
Anche l’oscurità è diversa
Quando mi appare il tuo volto
In riflessi di cristallo.
Anche la notte è diversa
Quando ti rivela
Perduta
In un luogo immaginario
Quando
Prima dell’alba,
nel chiarore dell’aurora
ti stagli
nel mio nebuloso risveglio.
C’è poi… “Insieme”.
Ventidue, le liriche. Per raccontare dei momenti vissuti quando l’Amore è equilibrio tra due anime. Quando l’Amore è equilibrio tra dare e ricevere. Quando l’Amore è equilibrio tra amare ed essere amati.
Mohorovich racconta di scambio reciproco e di condivisione spirituale. Le sue parole narrano della Felicità trovata. Di quelle sensazioni di gioia, beatitudine e delizia che il cuore innamorato va tanto cercando. Dell’esaltazione, di quando queste sensazioni vengono raggiunte.
Tentennante esce la mia parola
quando trova riparo nel sole dei tuoi occhi;
poi lenta si spande
come ruscello che diviene fiume
che sfocia nel mare
che diviene oceano.
E negli spazi vuoti
quando prendo fiato
m’interrompi
con l’ardore di una tua carezza.
Si arriva a “La Fine”. Ci si arriva con dispiacere. Perché c’è doppio senso nella parola. È la fine della raccolta, ma – soprattutto – sono le liriche che il poeta mette insieme per narrare di quella parte dell’Amore che è ciò che nessun cuore innamorato vorrebbe mai sperimentare.
“Fine dolce, fine violenta, fine condivisa, fine inaccettata, o solamente non prevista, ma sempre fine”; scrive Guido Buffoni al riguardo. “Anche le storie più tenaci, più forti, più inossidabili nascondono delle insidie, dei tranelli, forse solo dei pericoli inattesi. E, quando accade, ci sentiamo morire”.
Non so come sono arrivato
fin qui stasera
non mi hanno trascinato le gambe
non mi ha sospinto il vento
Sono in piedi
davanti alla tua porta
incerto mi guardo intorno;
i fiori che stringo nel pugno
li vorrei gettare
quanto mi sento ridicolo!
Imbarazzato levo la mano
per bussare alla porta
la ritraggo e ficco le unghie nel palmo
Perché sono venuto fin qui stasera?
Da fuori scorgo la tua sinuosa sagoma
ti muovi flessuosa tra le tue cose
signora padrona del tuo mondo
mentre qui fuori
schivo e fragile
non riesco a darmi pace
sul perché abbia risposto
al tuo muto richiamo.
Non c’è rabbia nei versi di Bruno, né odio.
Il Poeta parla dell’amore finito e del dolore che questo porta con sé, senza mai permettere alle parole di narrare di sentimenti negativi. Perché l’amore non è morte. Perché l’amore non uccide.
Perché l’Amore… è solo Amore.
Alla prossima!